Il gesto che salva
In questi giorni si parla di un segnale universale per comunicare che è in atto una violenza domestica.
Mai come in questo periodo tale tipo di violenza risulta essere legato all’incubo della pandemia in corso poiché le violenze entro le quattro mura si sono quadruplicate. #SignalForHelp è l’hashtag che contrassegna il simbolo Internazionale per evidenziare una situazione di pericolo: nello specifico bisogna mettere il palmo della mano davanti a sé in modo che sia visibile a chi ci sta di fronte, piegare il pollice all’interno e poi chiudere le dita come a voler fare “ciao”. Se vedi qualcuno rivolgerti questo strano saluto, chiama subito il 1522.
Non è normale che sia normale.
Femminicidio, violenza sessuale, violenza domestica e stalking sono reati subdoli, infami e deplorevoli, su questo non ci sono assolutamente dubbi. Rimbombano nelle orecchie le notizie di cronaca che sovente fanno da protagoniste nei vari approfondimenti giornalistici e testate televisive: “Ogni settantadue ore in Italia una donna viene uccisa da una persona di sua conoscenza. Tre femminicidi su quattro avvengono in casa e il 63% delle violenze sono commessi da un partner o ex partner”.
Questa è la fotografia agghiacciante che la Polizia di Stato ha rilasciato nel report annuale, ed è per questo che è ancora più importante riflettere su una cultura diffusa, purtroppo anche in Italia, che vede la donna come un oggetto.
Se in Italia e nel resto del mondo maggiormente, sulla base dei dati ISTAT, le donne sono vittime degli uomini c’è ovviamente qualcosa non va.
Alla base vi è il non riconoscimento e rispetto della parità di genere all’interno del binomio uomo-donna, ragione per cui la ratio del delitto è: la donna che prende le distanze dal modello comportamentale maschilista e sfugge al controllo della controparte merita la violenza e anche la morte.
Parola d’ordine? Rispetto!
La violenza sulle donne si può manifestare in molteplici forme che non per forza lasciano segni visibili sul corpo.
Per scoprire un atteggiamento lesivo, l’attività investigativa deve per forza avere origine da una denuncia. Purtroppo, però, le vittime a causa della paura o della vergogna non si rivolgono alle competenti autorità. È qui che diventa fondamentale il contributo dei conoscenti. Questi, direttamente o indirettamente, vengono a conoscenza del fatto e possono agire in due modi, ovvero stando vicino alla vittima aiutandola a denunciare l’accaduto e informare le autorità del fatto criminoso.
L’atto violento che ha come epilogo la morte è solo la punta dell’iceberg: la parte più imponente del fenomeno rimane nascosta, mal documentata dai media e dalle statistiche. Per questo motivo, spesso, non riusciamo a comprendere quante donne soffrono e subiscono.
Ma ancor più di frequente, quel “lontano dalla vista” diventa volontà omissiva di non voler intenzionalmente assistere a ciò che succede, ritenendo che tale evento ricada solo nell’ambito di una dimensione privata e familiare. Si diventa così complici inconsapevoli di quel fenomeno di violenza e, nei casi estremi, di femminicidio.
Per questo non basta il semplice parlarne. L’impegno per una società sana e democratica e per ogni singolo individuo dovrebbe essere quello di adoperarsi materialmente affinché questi fenomeni non restino chiusi tra le mura dell’abitazione della vittima.
Per questa tipologia di reato le indagini di criminalistica diventano materialmente possibili solo quando il fatto diventa estremo, ad esempio quando si ha davanti una vera e propria reclusione della donna o in caso di omicidio. Per questo è fondamentale intervenire prima!
Il mondo ha bisogno di donne