Navighiamo in “acque basse”
Succede sempre più di frequente di assistere a quotidiani comportamenti discriminatori, xenofobi, violenti, di indifferenza e intolleranza. Navighiamo in “acque basse” dalle quali, però, possiamo allontanarci, anche con piccoli gesti e segni di resistenza. Questi si possono realizzare facendo parte di associazioni con iniziative aperte e diffuse, che si concretizzano con attività solidali e, soprattutto, attraverso lo studio, l’approfondimento, la discussione, il dialogo e confronto libero, coltivando opinioni critiche sulla realtà: è in questo modo che si fa oggi l’antifascismo.
È nelle zone “limite” della società è dalle zone “limite” che si deve partire, piantando semi di Costituzione nella nostra società. L’errore che si ripete spesso è quello di soffermarsi e di dare spazio ad episodi violenti, di indifferenza e di intollerabile discriminazione, che la Costituzione e i suoi valori, che vi si oppongono radicalmente, rappresentandone il vero solo antidoto. Si tratta di valori che abbiamo imparato a conoscere poco alla volta, che pongono al centro il valore della persona umana, della dignità sociale, della solidarietà, del lavoro, della libertà e dell’uguaglianza.
Siamo nati dalla Resistenza
La Costituzione italiana è nata dalla resistenza e dalla lotta di liberazione, dalla contrapposizione al totalitarismo. È incentrata sul valore della persona e sui suoi diritti fondamentali, prevede i principi di uguaglianza e di pari dignità sociale di tutti i cittadini, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione ecc. Ha avuto un cammino irto di difficoltà, una attuazione lenta e contrastata.
Le difficoltà si manifestarono subito, fin dalla prima legislatura, che, secondo Massimo Severo Giannini, “non tenne in alcun conto i precetti costituzionali e lo fece in modo plateale”. Anche Luigi Sturzo, in un intervento svolto al Senato nel 1958, lamentava – con parole che ricordano in maniera impressionante il momento attuale – l’impegno prevalente del Parlamento nel varo di “migliaia di leggi e leggine”, fatte “ad personam o ad categoriam, con vero carattere privatistico”. La Repubblica e la Costituzionale nate dopo l’esperienza del fascismo, si pongono in radicale rottura con il passato ordinamento. Tra i costituenti i differenti punti di vista e idee iniziali trovarono una sintesi comune grazie alla comune esperienza antifascista: la legittimazione delle forze politiche, come ha notato Luciani, altro eminente padre Costituente, “non affondava le proprie radici solo nel voto popolare, ma si legava strettamente al dato storico del loro rapporto con la resistenza al nazifascismo”.
E poi ancora Teresa Mattei, partigiana eletta alla Assemblea costituente:
“Il fascismo ha tradito l’Italia, …togliendo ai lavoratori le loro libertà, conducendo una politica di guerra, una politica di odio verso gli altri Paesi, facendo una politica che sopprimeva ogni possibilità della persona umana di veder rispettate le proprie libertà, la propria dignità, facendo in modo di togliere la possibilità alle categorie più oppresse, più diseredate del nostro Paese, di affacciarsi alla vita sociale…”
A questo fascismo perenne vogliamo opporci e dire no
L’antifascismo su cui si incentra la Costituzione richiede di vivere l’antifascismo su diversi fronti e vari contesti. Il primo fronte è l’antifascismo della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione che sancisce il divieto di «riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista»: una disposizione che, dopo gli scioglimenti nel 1973 di Ordine Nuovo, nel 1976 di Avanguardia Nazionale e nel 2000 del Fronte nazionale (quest’ultimo, per incitamento all’odio razziale), è stata incautamente trascurata.
Nella Seduta dell’11 marzo 1947 dell’Assemblea costituente è Palmiro Togliatti a rivendicare il carattere ‘‘antifascista’’ della nuova costituzione:
‘‘precisamente che la Costituzione deve garantire che ciò che è accaduto una volta non possa più accadere, che gli ideali di libertà non possano più `essere calpestati, che non possa essere distrutto l’ordinamento giuridico costituzionale democratico di cui gettiamo le fondamenta’’. A Calamandrei, altro membro autorevole della Costituente, si deve, il collegamento esplicito tra il carattere antifascista dell’intera Costituzione e la disposizione transitoria che proibisce la riorganizzazione del partito fascista: riflettendo sul ruolo e la natura dei partiti politici, ricorda che: ‘‘l’organizzazione democratica dei partiti è un presupposto indispensabile perché si abbia anche fuori di essi vera democrazia’’ e lamenta la collocazione attribuita alla norma. Ci piace, poi, ricordare il commento del Presidente emerito della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky secondo il quale la Costituzione ha stabilito un confine netto invalicabile con: “il fascismo nel suo significato storicamente determinato, ma anche il fascismo perenne che potrebbe sempre manifestarsi in forme nuove”.
La Carta costituzionale non si modifica
Ed è questa frontiera, posta dalla Costituzione, che con forza vogliamo sempre riaffermare. Confortati dal fatto che questo nostro baluardo che ci protegge ha come sua caratteristica principale quella di essere una Carta fondamentale rigida, cioè difficile da modificare. La rigidità della Carta costituzionale – modificabile solo con procedure eccezionali e aggravate rispetto all’iter legislativo (art. 138) – costituisce il primo e fondamentale limite alla maggioranza politica che governa. Esistono nel nostro sistema istituzionale, importanti bilanciamenti e contrappesi affinché nessuno sia in grado di introdurre forme più o meno velate di assolutismo: “ogni potere deve controllare l’altro e tutta la forza del sistema risiede proprio in questo equilibrio”, sono queste le parole di Egidio Tosato in Assemblea costituente.
Per aversi equilibrio e controllarsi l’uno con l’altro tali poteri è necessario siano indipendenti. Devono esserlo soprattutto quei poteri di garanzia che sono insieme al Capo dello Stato e la Corte costituzionale, la Magistratura di cui tanto in questi anni si discute. Come esiste un assolutismo monarchico, può esistere un “assolutismo democratico se tutti i poteri sono concentrati in un organo solo”. Pertanto “non si deve mai perdere di vista in nessun momento, in nessun articolo della Costituzione il pericolo di aprire l’adito a regimi autoritari”.
Era questa la preoccupazione di fondo dei Costituenti. Una preoccupazione che facciamo nostra in questo nostro tempo.