Ogni cittadino dovrebbe conoscere l’art. 9 della Costituzione italiana perché vive nel paese più bello al mondo ove le opere d’arte, i monumenti e il paesaggio sono disseminati in ogni angolo. Basta vederli, vivono intorno a noi, fanno parte della nostra quotidianità, appartengono alla comunità.
Carlo Levi in “Un volto che ci somiglia. Ritratto dell’Italia” raccoglie le fotografie di noti monumenti del nostro Paese: marine, colline, quartieri popolari delle grandi città come Napoli e Roma, ma anche i volti di contadini, pescatori e bambini che vivono intorno ai monumenti del passato.
Ad accompagnare queste immagini l’analisi di Levi di un’Italia rurale e urbana che vive il suo tempo rendendo « …vivo il passato…» come se «… il tempo abbia poggiato una mano amica sopra ogni cosa…» facendo trasparire i tratti di un’identità italiana come identità culturale che va contrapponendosi all’identità nazionale che si era già costituita con il fascismo.
Le cose e il connubio con le persone, la comunità e la città dove si vive nei vari luoghi è la lettura, essi danno senso alla nostra vita civile, rendendo i cittadini custodi, salvano la polis e la democrazia.
Prendendoci cura del patrimonio storico artistico ci prendiamo cura della democrazia.
Il primo comma dell’articolo 9 assegna alla Repubblica, intesa nelle sue diverse articolazioni e livelli, una missione importante: promuovere la cultura e la ricerca.
«La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica».
Un articolo importante per la sua funzione civile e democratica affidatole dalla legge fondamentale e che ogni cittadino che si rispetti dovrebbe conoscere. Ed è innanzitutto, come ben sanno gli studenti iscritti ai corsi di diritto costituzionale, la nostra Carta fondamentale risultato di un accordo tra le differenti componenti del popolo italiano che si erano assunti il compito di ricostruire l’ordinamento nazionale all’indomani del referendum del 2 giugni 1946, che segnò il passaggio dalla forma monarchica a quella democratica dello Stato. Carta costituzionale, pertanto, “scritta” e “programmatica”, perché assegna alle forze politiche il compito di rendere effettivi gli obiettivi indicati dai costituenti.
Infine, è una Costituzione “rigida”, le norme cioè hanno una particolare resistenza alle modificazioni. Rigidità che ha conseguenze sul piano tecnico e politico.
Programmatica perché incominciava la costruzione di un ordinamento democratico, mediante il riconoscimento di diritti di libertà e l’enunciazione di una serie di principi sociali, che non costituivano una mera dichiarazione, ma impegnava invece la Repubblica a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, impediscono il pieno sviluppo della persona umana (così recita l’art. 3), a “promuovere le condizioni” che rendono effettivo il diritto al lavoro (così ancora l’art. 4), a promuovere lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica” (nell’art 9). Ecco allora che si comprende, da queste poche citazioni, la natura programmatica.
Perché questo riferimento culturale e scientifico tra i principi fondamentali?
La democrazia e la cultura sono un binomio inscindibile: infatti ben può affermarsi che non c’è democrazia senza cultura. La cultura – la cui promozione è specifico dovere della Repubblica (art. 9 Costituzione) – è ingrediente importante di integrazione, di sviluppo della persona e strumento di rimozione delle diseguaglianze e quindi di effettiva partecipazione alla vita democratica del proprio Paese.
Ci rendiamo conto, quindi, che conoscere è fondamentale per esercitare la sovranità che, come si legge nell’art. 1 della Costituzione, appartiene al popolo (che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione, letto integralmente).
Conoscere è dunque fondamentale perché il voto, in quanto consapevole, è effettivamente libero (come richiede l’art.48 Costituzione), ma allo stesso tempo conoscere è fondamentale perché la democrazia non si esaurisce al momento del voto, richiede una costante opera di osservazione circa il corretto espletamento del mandato e della delega conferita dai cittadini ai loro rappresentanti, per valutarne l’operato e le scelte compiute per proprio conto.
Non possiamo sapere se sia stato proprio Calamandrei a suggerirlo, ma certo mettere la cultura tra i principi fondamentali della Repubblica per lui significava rafforzarne la tenuta democratica. La cultura intesa soprattutto come senso critico.
La democrazia necessita della partecipazione dei cittadini per essere effettiva e la promozione della cultura non può che esserne il suo presupposto. Promuovere la conoscenza è dovere di ogni cittadino.
Ecco il modo più costruttivo per preservare la democrazia.