Sentirsi a casa, anche altrove

Spinta da quel pensiero ed espressione ricorrente “nel mio paese non c’è nulla, è vuoto”, di chi non rinnega le origini, ma sente piuttosto la necessità di guardare oltre e scoprire nuove realtà, ho sentito anch’io l’esigenza di riempire quel “vuoto” di contenuti concreti e reali altrove, per diventare più consapevole della mia identità;

“Roberta, osservati, interrogati, migliorati e osa.”

Partendo dal “problema” di questo bisogno ho cercato possibili soluzioni; il primo passo è stato quello di diventare una “fuori sede”. Forte era il desiderio di sperimentare me stessa in altri luoghi e situazioni, cercando di individuare le mie risorse per nuove possibilità di essere.

“Ma sarà questo il momento giusto? ma esiste poi davvero un momento giusto?”

Transizione
/tran·si·zió·ne/
s.f. Passaggio da una situazione a un’altra, sia in senso statico, come condizione intermedia definita, che in senso dinamico in quanto implichi l’idea di un’evoluzione in atto.

Evoluzione non facile da attuare nel periodo “della maturità”, un periodo, uno stato privo di equilibrio e controllo, e per nulla libero da condizionamenti. Muovermi e cambiare è diventato necessario, al fine di smuovere tutto ciò che fino a quel momento era così fermo e sotto controllo. Osare per crescere e conoscermi, e per non rimanere ancorata al “prevedibile”.
Andare quindi oltre il confine del luogo sicuro e allontanarmi da quel “vuoto” paesino calabrese che era casa.

Questo cambiamento ha inciso profondamente, ma in maniera del tutto naturale e inconsapevole, sugli aspetti legati alla mia maturità e al forte valore di identità, la mia.
Cerco ogni giorno di colmare e arricchire quegli aspetti che ritengo importanti nella mia realtà: la preparazione e le esperienze culturali, tenendo ben salde e impresse nella mente la mia tradizione e il mio ambiente di provenienza, che tanto “vuoto” non è più.

Nella grande città d’arte, Firenze

Qui ho cercato la mia strada con il desiderio di studiare e trovare contesti lavorativi stimolanti, per maturare, acquisire consapevolezza e fare formazione, quindi produrre dei cambiamenti nei comportamenti, nelle competenze e nelle conoscenze, al fine di migliorare.

Ho imboccato la strada verso il design e con stupore ho scoperto in questo ambito il mezzo attraverso cui raccontare ed esprimermi, scoprendo ciò che più mi rappresenta.
Questa realtà mi ha rapita, mi ha fatto sua, e viceversa.

Penso che appartenersi, l’essere se stessi ed essere consapevoli di ciò che si è, sia la chiave di volta per definire la propria identità.

E’ quanto di più concreto uno possa fare per iniziare un cambiamento e finché non si raggiunge quell’ autenticità mancherà sempre qualcosa…

Voglio fare design!

Il design rappresenta l’insieme delle fasi di pianificazione di una serie di attività che partendo da un problema porteranno ad una soluzione. Quasi tutte le attività umane ricorrono alla progettazione, intesa come mezzo, strategia e azione per raggiungere determinati fini.

L’importante è riuscire ad aprire gli occhi ed osservare con attenzione e curiosità, far proprie quelle sensazioni di ingenuità, stupore e meraviglia, che spesso tendiamo a dimenticare o a trascurare, per creare empatia.

Guardare consapevolmente è pensare.

Pensare consapevolmente è progettare.

Per me questo è design.

Per me questo diventa naturalmente necessario per raccontare, raccontarsi e sentirsi a casa, anche altrove.